Se avessi in un fascio i ricordi li terrei in alto fino a stancarmi la mano. Se non li avessi visti andare verso la solitudine, li metterei a festa. E quanto vorrei mi girasse il sangue verso il passato, verso quella gioventù che attendo torni.
Adieu mes amours metto davanti a me tutte le spine; io lo so che dall’altra parte c’è una sartoria per i cuori bucati. Lo so qual è l’abicì che dovrei tenere a mente, piuttosto che fingere di chiudere gli occhi per far scattare un’immagine rincuorante.
Tutto torna, dice Claudio Bondioli, e vorrei potergli credere. Non avessi davanti le stagioni assenti del mio presente.
Stasera preoccupo la mia anima, e metto la fronte al vento della giovinezza. E giro al suono della fisarmonica, e salto sulla bici di Valentino e mi incrocio in quell’abbraccio del conflitto civile.
Questa notte è balbuziente, o sembra avvenire dentro al salto di un grillo. È capace il mio rimpianto.
Se non ti avessi mai perduta, saremmo vivi. E non avrei cento zampogne nel dolore, non avrei nulla di incerto nel futuro.
Claudio Bondioli sembra abbia disponibili le stelle amiche, e quelle albe di sole fino; sembra possa farmi pensare al sereno. E affretta la rivolta, e apre la casa del vento con le dure chiavi che solitamente impediscono il cammino.
Adieu, e finché dura l’ascolto mi chiudo in un vincolo dorato. E guardo la mia mano dettare le note alle arpe, muoversi come stesse limando l’aria; come stesse contando i gambi di un grande mazzo di rose.