I BOCCOLI D’ORO, E APPRODO NEWS
È più la stoltezza che la ragione, credetemi. Perché i calabresi sono così, hanno le potenze supreme della flagellazione nei pensieri. E ci si aggredisce con mano lesta e ogni volta possibile ci si accusa di ‘ndranghetismo, a vicenda. Ci si ubriaca del diritto alla condanna e si lasciano volare, come allodole sulle vite di chiunque, le farse dei tribunali sommari: ed è una festa nel porcile quando le manette lustrano i cuori pessimi dei giustizialisti. Così non si separano le acque dell’oceano nero della criminalità, anche a costo di far annegare gli innocenti.
Ma si sa, i giornalisti hanno boccoli d’oro e la verginità delle madonne. E le pieghe nel cuore sempre ondeggianti: tra il dolce e l’amaro. Così capita di vedere il buon Agostino sul cadavere dell’antipatico Nino. Così capita di vedere correre con la velocità dei vermi la notizia che beffeggia e condanna. Eppure Nino lo si conosce, più per i temibili profumi che per le frequentazioni banditesche; eppure lo si sa che indagini del genere, lacunose e fantasiose, hanno portato quasi sempre a un nulla di fatto. Lo si sa, ma il comodo è il giuramento di vendetta di anni fa. Perché i calabresi sono così, si spaccano di accuse; prigionieri di un insondabile dolore si sentono cavalli bianchi e soldati ed eroi: che non è mai tardi per condannarne un altro, in piazza e per lingue corrotte. Si sa, in Calabria le indagini giudiziarie rendono fertili le memorie e ognuno alza la testa, per spirito di vendetta. Con la verità uguale a quella di Giuda.
È più la stoltezza che la ragione, credetemi. Se si insiste a invischiare gli uomini nel fango per il solo gusto di avere uno spazio splendido nella notizia, e nulla importa se lo si ottiene con morsi di astio.
No. Non si agita la ‘ndrangheta per burlare un avversario, non la si agita quando si sente colare il dubbio. Perché non rendere l’occhio e l’orecchio più svegli piuttosto che procurare bile, e risate proprio dove nulla c’è da ridere? Lasciate addormire la vostra stupida voce, lasciate la vostra triste anima tra i serpenti che allevate.
Ci ricascate, sempre in cerca di una ferita da riempire d’aghi. Ci ricascate, senza pudore e rispetto per la Giustizia. Voi, siete ancora sporchi, di veleno. Ancora contro Enzo, Franco, Antonino, Vincenzo, Loredana, Maria Antonia. Fino a prova contraria, innocenti.
MICHELE CACCAMO