La piazza turrìta ci è apparsa all’improvviso in mezzo al mare.
Quel Gesù della peste riappariva, nella sua bellezza allegorica, come un sogno nobile ma ormai incapace di fare qualcosa. A guardarlo tutti quanti abbiamo pensato di aver perso il solo amico che avevamo nel Paradiso.
Francesco tornava a essere uomo, perché era sopraggiunta la verità, e ne aveva paura. San Pietro era di un vuoto colossale.
L’abbiamo lasciata vuota, che la morte fosse libera di riempirla.
Aveva perso le grancasse, la sembianza del Credo. Qualcuno ha anche pensato che ci avremmo poi potuto mettere un altro circo.
Francesco non aveva più dovizie di Fede, era un Papa tremante; ma lo sapeva che la sua insicurezza non sarebbe contata nulla tra gli uomini.
Tutti avevamo bisogno di una parola di speranza, di un oroscopo che ci anticipasse una miglior fortuna. Ci siamo uniti per quasi un’ora alla sua conoscenza, in ginocchio e senza vergogna con le mani giunte. E abbiamo pregato per i nostri figli, i nostri parenti, alla fine per noi stessi.
Francesco sapeva di essere davanti al più profondo abisso. Guardava ovunque pensando di essersi anche lui perduto; avrebbe stralciato tutti i protocolli e si sarebbe attaccato supplice ai piedi del Crocefisso, gli avrebbe chiesto di scendere a terra. Che gli uomini si erano pentiti, che gli avrebbero restituito in amore la loro salvezza.
Francesco guardava il suo Gesù assente, come messo nella stanza delle reliquie. Pensò fosse di nuovo morto, avesse smesso ogni legame con la terra. Come gli avessero revocato la disponibilità della misericordia.
Piazza San Pietro aveva un aspetto criptogenetico, il suo scenario era scheletrico. Gli addetti alla fotografia le davano, per mistificazione, angoli multicolori. Francesco appariva come una bianca girandola, ferma: si fosse visto ne avrebbe avuto angoscia.
Nessun orecchio ha riposato per tutto quel tempo. Abbiamo imitato le labbra del Papa per non perdere neanche una piegatura. Se Francesco avesse potuto sarebbe passato di porta in porta per darci l’ostia, e segnarci la fronte per benedizione.
Guardava il grembo della piazza, come non fosse più capace di pregare. Pensava ai suoi sposi che non si erano presentati all’altare. Avrebbe voluto piangere.
Capì che non poteva più obbedire all’attesa.
Commise allora un furto nel cielo e spinse fuori Dio.
Ci chiese perdono, poi si girò di spalle.
Francesco che tremava

Quale potenza dalle tue parole, la stessa immensa potenza di quelle immagini che, segneranno per sempre la Storia…
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Michele Caccamo narra l’Assenza, quella immensa e inconcepibile. Quella che da millenni è folla compatta come un magma emerso, come una Voce unica, disumana. Gli “angoli multicolori” illuminano il tramonto, ed è nordico, gelido, una lama che recide. Nell’Assenza, ogni afflato torna umano, e ci si riconosce in essa perchè diviene, ora, spazio libero, da riempire con cadaveri o con i nostri sguardi vivi. Il vuoto è umano, l’Assenza divina. Nel passaggio, l’umanità cambia il proprio ruolo e non è più un baratto.
DA LEGGERE, e poi RILEGGERE, questi versi di Michele Caccamo.
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Impotenza, forse rabbia .
Solitudine , abbandono.
” Padre, perché mi hai abbandonato “?
Questo ho pensato leggendo .
Ma non ci sarà resurrezione per gli uomini , neppure per quelli di buona volontà .
La resa .
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Grazie Michele!
Francesco tremava
nel vuoto umano che rimbalza tra la gioa e il dolore
le due misure che ci lanciano all’assoluto.
Non era solo come nessuno lo è
al minimo pieno di un grido
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Profondissimo, come tutti i tuoi scritti. Ogni parola è necessaria. Non una sola in più né una in meno. Come una sinfonia perfetta che ascolti, che assorbi, che mette in risonanza le tue stesse parole e ne compone i pensieri.
Anch’io ho visto un Cristo profondamente uomo, con addosso tutto il dolore della morte.
Anch’io ho visto un Papa disperatamente uomo, tremabondo ed incerto.
Ma… nell’Uno ho incontrato la forza dell’invitto, nell’Altro la potenza della parola “Su questa barca ci siamo tutti. Tutti!”.
Poi… si girò di spalle.
Non come chi non ha da dire ma come chi ha detto.
Ecco l’incarnazione del miracolo!
Abbiamo parole nuove, potenti, da urlare senza timore all’orecchio dei re.
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Le mani che aiutano sono più sacre delle bocche che pregano. Il mio pensiero personale senza giudizio. Come sempre Michele ci sorprende ,bravo .
Laura.
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“Capì che non poteva più obbedire all’attesa.
Commise allora un furto nel cielo e spinse fuori Dio”.
Brividi. Grazie.
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Il vuoto di Dio, ripensare la Chiesa nella sua missione di testimone dell’invisibile. Grande articolo Michele!
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