Fiorella de la mancha -La Mannoia, la combattente-.

mannoia

È come trovarla accanto alle pale dei mulini, alle nostre volontà consumate.  Siamo uomini stanchi. Ci scendono nelle carni le ortiche, e le pietre cadono come fossero gridi mortali: la nostra vita piange per assuefazione al dolore: è finita in un universo di solitudini, di esclusioni e di siringhe avvelenate.

Noi siamo soltanto uomini in guerra, dove sarà mai la fine?

Lei lo sa che siamo limacce messe sulla terra del silenzio, e che non abbiamo sonagli sulle schiene e neanche un raggio felice negli occhi. E che non scendiamo mai nel giardino bellissimo dell’amore: quello delle invocazioni liete e delle  gioie messe tutte d’intorno.

Fiorella non si rassegna. Ha ogni nostro figlio nel petto e le brilla la voce e ci riserva un asilo politico nel cuore. Taglia, cuce, ricama medaglie di decoro per ogni ripudiato. E ogni volta si inventa una guardia civile, o all’improvviso quel chiaro rosso della rivoluzione.

No, ai suoi occhi non tutto è terminato. Perché per lei anche se la paura è piena, per come vuole la regola di un buio freddo e spaventoso, c’è sempre una possibilità di allungare le radici verso l’insurrezione. Fossero necessari cento anni di coltelli.

Fiorella è una goccia nel sangue, e divora cantando il nostro spavento; come una parte scelta apre i nostri mattini e la luce alle lune che verranno.

Combattente è il corpo del gigante, una coda di seta che risale verso il volo. Un’anima di neve, così finemente detta.

Stanotte ascolto Fiorella, e tremo come fossi un grappolo secco e debole.

Per calmarmi penso: chi ama si ama.

Ma non è così, se immagino le vie deserte e la povertà e i perfetti sconosciuti che incontro. Se immagino di non esserci più con garbo nella mia vita, se chiedo di lasciarmi alzare, e con la mia migliore voce virile urlare “il mio volto, ecco il mio volto mangiato dalla vostra indolenza e dai vostri orridi interessi. Lasciate suonare il corno del mio ultimo fiato. Lasciatemi andare, via. La mia insignificanza è come la cenere. L’ultima cenere.”

Riprendo ad ascoltare, e con Combattente nascono le rose e la voglia di rincorrere un sogno: quel fausto desiderio di un sole una felicità di non vedere l’ora di essere sereni. Affinché nulla sia più prigione, nulla più pena.

E penso, chi ama si ama.

Pubblicato da michele caccamo

Poeta e scrittore contemporaneo, per fortuna ancora vivente

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: